Nel 2005, gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il «Giorno del Ricordo», in memoria dei quasi ventimila nostri fratelli torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.
“Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse” perché “fanno parte, a pieno titolo, della storia nazionale e ne rappresentano un capitolo incancellabile, che ci ammonisce sui gravissimi rischi del nazionalismo estremo, dell’odio etnico, della violenza ideologica eretta a sistema”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commemorato le vittime delle Foibe nel Giorno del Ricordo. “Una pagina angosciosa, una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica”. “Le foibe – ha aggiunto il presidente – con il loro carico di morte, di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile, sono il simbolo tragico di un capitolo di storia, ancora poco conosciuto e talvolta addirittura incompreso, che racconta la grande sofferenza delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane”.
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