Diritto romano

12-12-08

 

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Alcune tipologie di processo nel Diritto Romano

 

La forma più antica di processo privato romano è quella delle  legis actiones, Queste erano delle solenni dichiara­zioni  fatte da una o da entrambe le parti in lite, generalmente davanti al magistrato (in iure).

L'intervento del magistrato in queste azioni era in genere soltanto simbolico e si limitava al controllo dell'attività delle parti; tale magistrato era originariamente il rex, poi il dictator,in seguito il  praetor.­

 

Il diritto romano conobbe cinque diverse legis actiones:  due sono antichissime, la  legis actio per manum iniectionem e la  legis actio sacramenti in rem , mentre le altre piu’ recenti, sono la legis actio per iudicis postulationem, la legis actio per condictionem e la legis actio per pignoris capionem.

La legis actio per manus iniectionem

La manus iniectio è la più antica delle legis actiones e costi­tuisce il primo esempio di esecuzione forzata nei confronti del debitore.

Presupposto dell'azione è una sentenza di condanna al pa­gamento di una somma di danaro già emessa da un iudex pri­vatus; trascorsi almeno trenta giorni (dies iusti) dalla sentenza senza che il debitore abbia pagato, il creditore può acciuffarlo dovunque lo trovi e condurlo davanti al praetor ove dichiara di compiere la manus iniectio, afferrando il debitore e pronun­ciando la frase « quod tu mihi iudicatus (o damnatus) es sester­tium decem milia, quandoc non solvisti, ob eam rem ego tibi sestertium decem milia iudicati manum inicio » (poiché sei stato condannato a pagarmi diecimila sesterzi e non l'hai fatto, io compio su di te la manus iniectio per diecimila sesterzi).

Il condannato non può respingere la manus iniectio, ma solo offrire un vindex per contestare le ragioni del creditore; in tal caso, però, se il vindex risulta sconfitto, egli viene con­dannato al pagamento del doppio del dovuto.

Se non viene presentato il vindex, il magistrato pronuncia la parola “addico” (aggiudico) ed il creditore ha il diritto di portare il debitore a casa sua e tenerlo legato per sessanta giorni con catene da 15 libbre, nutrendolo con una libbra di farro al giorno. Il creditore, però, è tenuto a presentarlo a tre mercati consecutivi e solo se in tali occasioni nessuno si presenta per riscattarlo, decorsi i sessanta giorni può venderlo come schiavo trans Tiberim o metterlo a morte.

 

 La legis actio sacramenti

       A) Generalità

La legis actio sa­cramenti era una specie di scommessa fatta dalle parti in lite:  infatti, ognuna delle parti faceva una solenne scommessa, detta appunto sacramentum, di pagare a favore dell'erario una determinata somma  in caso di sconfitta; sulla scom­messa così fatta giudicava il giudice nominato dal magistrato.

 

La « legis actio sacramenti in rem »

Le parti in lite (attore e convenuto comparivano davanti al magistrato por­tando la cosa  controversa o una parte simbolica di essa, l'attore, tenendo in mano una verga (festuca), toccava la cosa e pronunciava  la frase « hunc ego hominem ex iure Quiritium meum esse aio secundum suam causam. Sicut dixi, ecce tibi, vindicta imposui» (affermo solennemente che questo schiavo mi appartiene per dintto quritario, in conformità alla sua destinazione. Ecco, così come ho  dichiarato  ti impongo la mia vindicta); contestualmente toccava   la cosa con la festuca.

      

A questo punto potevano verificarsi due ipotesi.

Se il convenuto non compiva alcuna dichiarazione contra­ria, la cosa restava definitivamente di proprietà dell'attore .

Se, invece, il convenuto compiva la stessa dichiarazione ed eseguiva gli stessi atti fatti dall'attore, sorgeva la controversia     vera e propria.

In tal caso il magistrato ordinava ad entrambe le parti di lasciare la cosa in contestazione (mittite ambo rem), affidandola, finché la questione non fosse risolta, a quella delle parti che offriva maggiori garanzie ed imponéndo, comunque, una garan­zia, mediante praedes litis et vindiciarum, per la sua restituzione  caso di soccombenza.

Nella successiva fase « Apud iudicem » ciascuna parte addu­ceva le prove a sostegno della sua tesi ed il giudice, valutatele,  emetteva la sententia con cui dichiarava quale dei sacramentum fosse iustum e quale iniustum.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12-12-08