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12-12-08

 

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La Favola

Nella favola latina trova voce il mondo dei diseredati e degli emarginati osservato dal punto di vista dei ceti subalterni,che non solo sono soggetti ai potenti,ma non nutrono neppure la speranza di potersi emancipare  o di veder migliorare la propria situazione. Il realismo della favola sta nella sua carica di denuncia e di adesione alla realtà e al senso comune. Il più famoso autore di favole latine è Fedro la cui vita è da collocare tra il 20 a.C. e il 50 d.C., il quale scrisse 93 fabulae. Egli coltivò il genere esopico,consistente in un racconto di fantasia i cui protagonisti,perlopiù animali sono allegorie del mondo umano. Per esempio, il " Lupo, non è un " Lupo ", è un allegoria dell' uomo prepotente, la " Volpe " indica l'uomo astuto e cosi via.

 Il lupo e l' agnello

Questa favola è emblematica perchè vi è enunciata la legge del più forte in termine destinati a rimanere fino ad oggi proverbiali, associando il lupo a ruolo negativo del prepotente oppressore e l'agnello alla vittima. Un'opposizione che fissa il rapporto tra umili e potente

Allo stesso rivo erano giunti il lupo e l'agnello spinti dalla sete; in alto stava il lupo e molto in basso l'agnello. Ed ecco che il pretore, stimolato dalla sua gola maledetta, tiro fuori un pretesto per litigare."Perchè", disse, "Mi hai intorbidato l'acqua mentre bevevo?". E il batuffolo, pieno di paura, risponde: "Scusa, lupo, come posso fare recrimini?E da te che scorre giù l'acqua fino alle mie labbra". Respinto dalla forza della forza della verità il lupo esclama: "Sei mesi fa hai sparlato di me". L'agnello ribatte "Io?Io non ero ancora nato". "Per Ercole", lui dice, "E stato tuo padre a sparlare di me". E cosi lo abbranca e lo sbrana, uccidendolo ingiustamente. Questa favola è scritta per quelli uomini che opprimono gli innocenti con false accuse.

Lupus et agnus

Ad rivum eundem lupus et agnus venerant siti compulsi; superior stabat lupus longeque inferior agnus. Tunc fauce improba latro incitatus iurgii causam intulit. "Cur", inquit, "turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?". Laniger contra timens: "qui possum, quaeso, facere, quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos  haustus liquor". Repulsus ille veritatis virbus: " Ante hos sex menses male", ait, "dixisti mihi". Respondit agnus: "Equidem natus non eram". "Pater hercle tuus", <ille> inquit, "male dixit mihi". Atque ita corretpum lacerat iniusta nece. Haec prpter illos scripta est homines fabula, qui fictis causis innocentes opprimunt. (da Fedro)

La cicala e la civetta

La cicala non smetteva di cantare e la civetta non poteva dormire. La pregò, la supplicò, ma quella imperterrita  continuò la sua musica. Alla fine la civetta, esasperata, cambiò tattica: “Però, sai che in fondo canti davvero bene? Perché non vieni nella mia tana così posso sentirti meglio?”. La stolta cicala, lusingata, vi andò, e fu subito ammazzata, così fece da morta quello che non aveva voluto fare da viva: tacere.  (di Fedro)

 

La pecora saggia

Un cervo andò dalla pecora e le chiese in prestito del fieno. “A te?” rispose la pecora. “Veloce e scattante quale sei, come acciuffarti se poi non me lo rendi?” “Garantisco io per lui!” si fece avanti il lupo. “Adesso siamo proprio a posto!” rise la pecora. “Se ce n’è uno di cui non fidarsi, quello sei tu!”  (di Fedro)    

 La vacca ,la capra, la pecora e il leone

L'alleanza con un potente non è mai sicura: questa favola dimostra la mia affermazione. La vacca e la capretta e la pecora che sopporta l'offesa furono alleate col leone nei buroni. Dopo che questi ebbero preso un cervo di grande mole, il leone, fatte le parti, così parlò:"io prendo la prima, perché mi chiamo leone; darete a me la seconda,perché sono forte;poi la terza mi spetterà perché valgo di più;se qualcuno toccherà la quarta,sarà raggiunto dalla sventura". Così la malvagità da sola portò un via la preda tutta intera.

Ed ecco il testo in latino:

Vacca, capella, avis et leo

Namquam est fideles potente societas: testatur haec fabella propositum meum. Vacca et capella et patiens ouis iniuriae socii fuere cum leone in saltibus hi cum cepissent cervum vasti corporis, sic est locutus, partibus factis, leo: "ego primam tollo, nominor quoniam leo: secundam, quia sum fortis, tribuetis mihi; tum, quia plus valeo, me seguetur tertia; malo adficietur siquis quartam tetigerit". Sic to

tam praedam  sola improbitas abstulit.    

(da Fedro)

 La volpe e l'uva

La fame spinse la volpe a desiderare dell'uva in una vigna molto alta ma, per quanto facesse, non poteva in nessun modo arrivarci; così iniziò a dire: "Che cosa m'importa di quell'uva... tanto è acerba!"

 

De vulpe et uva

Fame coacta vulpes alta in vinea uvam appetebat, summis saliens viribus; quam tangere ut non potuit, disce dens ait: "nondum matura est; nolo acerbam sumere".

(da Fedro)

L'asino e il vecchio pastore

Quando cambia il governo, molto spesso per i poveracci non cambia nulla se non il modo d'essere del padrone. Che sia vero lo indica questa piccola favoletta.

Un vecchio pauroso faceva pascolare in un prato il suo asinello. Atterrito dall'improvviso gridare dei nemici, esortava l'asino a fuggire per non lasciarsi prendere. Ma quello, senza fretta :”Dimmi, credi che il vincitore mi metterà addosso due basti?”. Il vecchio rispose di no. “Allora , purchè mi si carichi di un unico basto, cosa mi importa chi devo servire?”.

 

Asinus ad senem pastorem

 In principatu commutando saepius nil praeter domini mores mutant pauperes. Id esse verum parva haec fabella indicat.

Asellum in prato timidus pascebat senex. Is hostium clamore subito territus suadebat asino fugere, ne possent capi.

At ille lentus: “Quaeso, nun binas mihi clitellas impositurum victorem putas?”. Senex negavit. “Ergo quid refert mea cui serviam clitella dum portem meas?”    

                                                                                                               (Da Fedro)

 
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Ultimo aggiornamento: 12-12-08