Un week-end con nonno Antonio -una storia originale senza tempo di Marco Farina con funzione AUDIOLIBRO ONLINE


 

Un week-end con nonno Antonio.

di Marco Farina.

Pessima idea uscire in bicicletta quella mattina nebbiosa…
Sandro, esile adolescente biondo, piccolo e delicato, in preda all’ansia che gli procurava un attacco di asma dopo l’altro, chiamava a gran voce sua sorella più piccola, Valeria, ma inutilmente. La ragazza era sparita e con lei la sua bicicletta. Pedalando come un forsennato torna a casa, non aveva neppure pensato di usare il suo cellulare… in momenti di panico non si sa mai cosa fare… Arrivato a casa aveva chiamato suo padre che gli aveva passato, innanzitutto, il suo inalatore poi, ritrovato a stento un po’ di fiato…
– Valeria s’è persa -, aveva sussurrato.
– Come hai potuto deludermi così, l’avevo affidata a te! Sei sempre il solito incapace! – , urlava suo padre mentre saliva precipitosamente in auto per andarla a cercare.
Sandro cercò di raggiungere l’auto ansimando, toccò la maniglia della portiera, ma il padre non gli diede tempo di aprire lo sportello e fuggì via sgommando. Non si era mai fidato di lui, lo reputava un debole e un pasticcione, ora più che mai.
Sandro, ferito profondamente dalle terribili parole di suo padre visionava, come fossero fotogrammi di una pellicola al rallentatore, gli istanti dell’escursione in bici. Non ce la faceva proprio a restare seduto sul divano della sala da pranzo dell’antica villa nei pressi della foce del fiume Garigliano. S’incamminò per la strada che costeggiava la spiaggia ed arrancò sugli scogli della caletta, dove la bambina spesso si recava a leggere un buon libro al sole, sperando, in cuor suo, di trovarla ancora viva.
All’improvviso una nebbia sottile lo avvolse e gli fece perdere i sensi. Si ritrovò sdraiato sulla spiaggia mentre Valeria arrivava correndo e chiamandolo a gran voce.
-Sandro, finalmente ti ho trovato! Cosa ti è accaduto?
-Vale, che posto è questo? Mi sento stordito. Forse avrò battuto la testa mentre camminavo sugli scogli.
-Ce la fai ad alzarti? Torniamo a casa, papà sarà certamente in apprensione.
Gli alberi s’innalzavano possenti, privi di foglie nell’atmosfera invernale. Ciottoli e pietre ricoprivano i sentieri. Nessun palo del telefono, traliccio o cavo deturpavano il paesaggio.
– Sandro, io ho paura! Questo posto non assomiglia per niente alla nostra tenuta…
-Lo so, Vale, vorrei proprio capire dove ci troviamo anzi… forse la domanda giusta è “in quale anno” ci troviamo!
– Sandro sei sempre il solito fissato con la fantascienza e con la storia; a volte mi fai proprio paura. Dovresti vedere meno telefilm di Doctor Who, con quei terribili “angeli piangenti” quelle statue che ti mandano indietro nel tempo, e tornare alla realtà!
– Scusami, Valeria, ma pensavo avessimo attraversato inavvertitamente uno strappo nel continuum spazio-temporale che ci ha condotti in questo posto selvaggio…
– Va bene, come dici tu!
-Sandro, guarda, la nostra casa sembra diversa.
-Hai ragione! E’ in rovina, alcuni vetri delle finestre sono rotti, ci sono fori di proiettile sulle colonne e poi quella strana antenna ricetrasmittente romboidale sul tetto non mi fa stare molto tranquillo.
-Sandro, guarda, c’è un orologio da taschino proprio qui nell’erba.
-Fammi vedere. Sull’orologio c’è inciso il logo delle Ferrovie dello Stato, ha una piccola lesione sul vetro e, se lo guardi bene, noti che è proprio quello di papà, l’orologio che era di suo nonno ferroviere morto in guerra.
-Papà è già qui?
-Forse è nella casa.
-Sì, ma ho un po’ paura, Sandro, aspetta!
Il ragazzo, zoppicando era già scomparso nell’atrio oltre il portico ed il portone verde scuro, un po’ rovinato. All’interno un divano logoro, due poltrone impolverate e qualche quadro appeso qua e là. Tappeti persiani luridi ricoprivano la superficie liscia del pavimento in cotto rosso, sporchissimo.
-Non è la nostra casa, Vale, ma qualcuno ci abita e spero di sopravvivere con tanta polvere!.-
Sandro indica la bandiera nazista esposta sul muro della sala ed il camino spento, ma con la cenere ancora fumante.
-Separiamoci e cerchiamo papà.
-Dobbiamo proprio, Sandro?
-Coraggio, Vale, ha bisogno di noi.
I due ragazzi, tremanti, si mettono ad esplorare la casa. Valeria scende in cantina, Sandro sale al piano superiore ove, su un tavolinetto trova dei giornali. Il più recente è datato lunedì 24 gennaio 1944, in prima pagina riporta la notizia: “Aspri combattimenti presso Nettuno in seguito allo sbarco di forze nemiche” . Il ragazzo non sa cosa pensare, torna di corsa al piano terra ove per poco non si scontra con Valeria, trafelata…
-Papà è richiuso in cantina dietro una porta di ferro!
-Vale, avevo ragione, siamo nel 1944!
Proprio in quel momento fortissimi rumori di automezzi militari interrompono la conversazione.
-Svelta, rifugiamoci in soffitta!
Salgono di corsa le antiche scale in pietra che portano ad una soffitta molto spaziosa, buia, a soqquadro e si nascondono fra il ciarpame.
-Ho paura Sandro! Andiamo via.
-Vale! Ti fai intimorire da qualche ragnatela o ragnetto, sei una fifona!
A quel punto un rumore li fa trasalire.
-Topi?
-Sicuramente. Andiamo a vedere.
Sandro accende il led del flash del suo cellulare e lo usa come lampadina tascabile, perlustra la soffitta in direzione del rumore e scopre una grande cassa di munizioni vuota, dietro la quale un bambino di circa dieci anni stava piangendo.
Sandro trova la forza di parlare.
-Ciao, non piangere, chi sei?
-Sono Antonio, Il figlio dei padroni della casa. Mio padre, che faceva il Capostazione, è stato mandato al fronte tre anni fa e di lui non sappiamo più nulla. Mamma è stata obbligata dai tedeschi a servirli ed a badare al bestiame, che si trova nelle recinzioni di legno sul retro della casa…
-Bestiame?
-Sì, rastrellato dai tedeschi perché serve per vettovagliamento da portare, giornalmente, alle truppe impegnate sulla linea Gustav. Ho visto anche che una pattuglia ha portato un prigioniero: è rinchiuso in cantina. Come vorrei che papà fosse qui ad aiutarci!
Il ragazzo stringeva in mano un orologio da taschino, come fosse un talismano in grado di metterlo miracolosamente in contatto con suo padre… aveva il vetro scheggiato!
-Sandro, ma questo bambino potrebbe…
-Ssssssssss, zitta!
E Sandro soggiunge sottovoce:
-Non “potrebbe”, “è” nostro nonno Antonio, ma lui non deve sapere nulla, non si può modificare il futuro, o creare un paradosso temporale, ne va della vita di tutti noi, ti ricordi il film – Ritorno al futuro?
-Sandro, non ti sopporto più!
Proprio in quel momento la porta della soffitta si spalanca di colpo e un soldato, armato di pistola, con sul capo un elmetto in ferro, si avvicina ai ragazzi intimando in un italiano duro e nasale:
-Fermi voi tre, alzate le mani e seguitemi al pianterreno!
Sotto la minaccia della pistola i ragazzi, a mani alzate, precedono il militare fino al salotto, ove trovano un altro soldato, di grado più elevato che, in un italiano nettamente più comprensibile, procede all’interrogatorio dei due nuovi arrivati.
-Perché siete qui, come mai siete vestiti in modo tanto ridicolo, proprio come il traditore richiuso in cantina, siete suoi parenti? Da dove venite?
Le cose sembravano volgere al peggio ma la madre di Antonio arrivò e risolse la terribile impasse. Spiegò che i ragazzi erano suoi nipoti, attori di una compagnia itinerante napoletana e che erano venuti a trovarla, accompagnati da loro padre. Vestivano costumi di scena perché non avevano altro da indossare. Una risata del militare rese la plumbea atmosfera molto più respirabile.
-Beh! Per prima cosa dategli dei vestiti decenti, non siamo a teatro. Per quanto concerne loro padre verrà comunque tradotto al campo di concentramento di Fossoli dopodomani, perché ha reagito alla cattura. I due ragazzi saranno ottimi sguatteri e domani verranno con noi a portare rifornimenti ai nostri camerati al fronte.
-Possiamo almeno vederlo?
-No! ora al lavoro!
Mentre foraggia il bestiame Sandro, che ha ben compreso la situazione, spiega:
-Vale, hai capito cosa sta accadendo?
-Non sono forte in storia…
-Sono emozionatissimo. In pratica, fra pochi giorni, sarà bombardato il monastero di Montecassino dagli alleati e domani vedremo le truppe tedesche attestate lungo la linea Gustav. Sarà un’avventura unica…
– e pericolosissima…- interrompe Antonio, -io ci sono già stato e vi posso dire di essere scampato molte volte alla morte.
Antonio, che aveva vissuto la guerra aborriva la violenza ed aveva sempre dinanzi agli occhi le vittime innocenti uccise da armi tanto diaboliche quanto crudeli. Nella sua voce c’era tanta tristezza, pensava alla sorte di suo padre e dei suoi nuovi amici: sarebbero sopravvissuti l’indomani in groppa a dei muli sovraccarichi inerpicandosi per sentieri costantemente bombardati per impedire i rifornimenti?
La realtà superò di molto qualsiasi finzione filmica; Sandro con la schiena dolorante non riusciva a respirare fra l’olezzo nauseabondo delle carcasse dei muli uccisi e dei loro padroni abbandonati lungo il sentiero e nelle scarpate. Ovunque nidi di mitragliatrici, cavalli di Frisia, filo spinato, cannoni. Il fuoco era continuo, martellante. Un incubo che si concretizza quando Antonio chiede aiuto.
– Sandro, aiutami, ho messo il piede su una mina!
– Cosa? Stai fermo!
– Vale, passami subito la tua gomma americana, voglio provare a bloccare l’innesco, poi mettiti al riparo dietro quelle rocce.
Scavando un po’ il terreno vicino al piede del bambino, Sandro posiziona il chewingum attorno al pulsante di innesco, per bloccarne il movimento di ritorno. Appena terminato prende per mano Antonio e, con tutta la sua forza, lo fa letteralmente volare al riparo mentre la mina, sia pure in lieve ritardo, esplode. Tutti restano illesi.
Tornati finalmente alla villa i ragazzi stramazzano sui letti, ma prima del sorgere del sole Sandro metterà in atto il geniale piano per liberare suo padre!
Al primo accenno di chiarore mattutino si reca ai recinti del bestiame. Attende che il prigioniero sia caricato sul camion che dovrà portarlo alla più vicina stazione ferroviaria ove lo attende la tradotta per Fossoli, poi avvicina il suo smartphone all’orecchio di un cavallo piuttosto nervoso. Parte un assolo di Clapton e la bestia s’imbizzarrisce provocando lo scompiglio fra gli altri cavalli. Dai recinti aperti gli animali si danno alla fuga rincorsi da tutti i soldati tedeschi. Valeria salta sul camion, libera suo padre dalle corde, Sandro arriva alla massima velocità che gli è concessa dalla sua mancanza cronica di fiato e, inaspettatamente trova la forza di urlare:
– Papà, Vale, il sidecar!
Saltano tutti sullo stranissimo mezzo abbandonato da un simpatico e grassoccio soldato tedesco che cercava di agguantare un maialino e, inseguiti a piedi dai militari, fra gli spari, giungono di nuovo alla caletta ed attraversano un’improvvisa nebbiolina leggera…
Si ritrovano di nuovo sdraiati sulla spiaggia. Di tedeschi neppure l’ombra.
– Finalmente a casa!
– Sì, papà, siamo di nuovo tutti riuniti.
– Bravissimi, ragazzi! Sandro, tu hai avuto un coraggio davvero unico, con la capacità di improvvisare in situazioni terribili hai salvato tutti! La mamma, se ancora fosse viva, sarebbe davvero orgogliosa di te.
– Grazie papà, ma la nostra avventura è solo all’inizio. Svelti, correte al riparo c’è un dinosauro dietro di voi!